giovedì 19 giugno 2008

Amo i pensionati (e Calamity, pudica)


Carissimo diario,
noi pensionati conosciamo l'amor,del sesso non mi ricordo.


Lo sento da oltre il muro che ogni suono fa passare l'odore quasi povero di roba da mangiare;lo vedo nella luce che anch'io mi ricordo bene di lampadina fioca,quella da trenta candele. Fra mobili che non hanno mai visto altri splendori giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori.
Fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani mangiare, sgomberare,poi lavare piatti e mani.
Lo sento quando torno stanco e tardi la mattina aprire la persiana tirare la tendina e mentre sto fumando ancora un'altra sigaretta andar piano, in pantofole,verso il mondo che lo aspetta.
E poi lo incontro ancora quando viene l'ora mia mi da un piacere assurdo la sua antica cortesia "Buon giorno, professore,come sta la sua signora? E i gatti? E questo tempo che non si rimette ancora!
"Mi dice cento volte tra la rete dei giardini di una sua gatta morta,di una lite coi vicini.
E mi racconta piano,col suo tono un po' sommesso,di quando lui e Bologna eran più giovani di adesso.Io ascolto, e i miei pensie ricorron dietro alla sua vita, a tutti i volti visti dalla lampadina antica. A quell'odore solito di polvere e di muffa a tutte le minestre riscaldate sulla stufa. A quel tic tac di sveglia che enfatizza ogni secondo.A come da quel posto si può mai vedere il mondo.A un'esistenza andata in tanti giorni uguali e duri. A come anche la storia sia passata tra quei muri.
Io ascolto e non capisco e tutto intorno mi stupisce la vita com'è fatta e come uno la gestisce.
E i mille modi, e i tempi,e le possibilità ,le scelte, i cambiamenti,il fato, le necessità. E ancora mi domando se sia stato mai felice,se un dubbio l'ebbe mai,se solo oggi si assopisce. Se un dubbio l'abbia avuto poche volte oppure spesso. Se è stato sufficiente sopravvivere a se stesso. Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo di uno che ha tanto tempo,ed anche il lusso di sprecarlo. Non posso, non so dir per niente se peggiore sia,a conti fatti la sua solitudine o la mia.Diremo forse un giorno"Ma se stava così bene."Avrà il marmo con l'angelo che spezza le catene coi soldi risparmiati un po' perchè non si sa mai un po' per abitudine,e son sempre pronti i guai.
Vedremo visi nuovi,volti dai sorrisi spenti"Piacere...""è mio..","Son lieto..""Eravate suoi parenti?"E a poco a poco andrà via dalla nostra mente piena,soltanto un'impressione, che ricorderemo appena soltanto un'impressione, che ricorderemo appena



3 commenti:

Anonimo ha detto...

Finalmente stamattina sono andata a prendere il sole al Pedocin e mi sono risollevata lo spirito, vedendo gli ammassi di carni stantie e le abbondanti celluliti del reparto femminile. C'erano anche dei bimbi.
Due bambine giocavano a fare le sorelle "noi eravamo sorelle gemelle, eravamo cantanti bravissime, e facciamo che la mamma era morta...".
Bello rendersi conto che non si serve più a nessuno! E' amore disinteressato.

Anonimo ha detto...

calamity, quanto mi piaci!

Anonimo ha detto...

Ti piace quella della foto, John? Caspita, sembro Nonna Belarda! Non sarà che hai bisogno di una visita dall'oculista? A meno che non ti piacciano le maschiacce...
Comunque, farò causa al fotografo e mi rivolgerò al garante per far togliere quella foto dalla rete.
Non vorrei essere costretta ad usare la mia carabina.
Calamity Jane