sabato 16 febbraio 2008
venerdì 15 febbraio 2008
meglio le patate che l'epatite
La lezione aderisce all'appello per l'obiezione di coscienza culinaria fatta da suor germana.
Contributi alla cultura
giovedì 14 febbraio 2008
ecco come battere Berlusconi
Oggi, S. Valentino, cambiamo strategia di comunicazione. Berlusconi, ti vogliamo bene. Se lo sapesse, si toccherebbe, ma intanto noi speriamo.
Reato di FETICIDIO terapeutico premeditato
“Ho 39 anni e abito a Napoli. A causa del lavoro precario e altre incertezze, solo recentemente ho potuto pensare di mettere al mondo un figlio.
Ero contenta, e con me il mio compagno. Ho fatto tutte le analisi e i controlli. Alla fine di gennaio il responso dell’amniocentesi: il mio bambino soffriva della sindrome di Klineferter, un'anomalia cromosomica. Se la gravidanza fosse giunta a termine, ci sarebbe stato il 40% di possibilità di un deficit mentale.
Ho (abbiamo) passato dei giorni disperati. Poi ci siamo rivolti al sostegno psichiatrico che ci ha aiutato ad affrontare una decisione. Con un certificato mi sono sottoposta, nella 21^ settimana, a regolare aborto terapeutico al Policlinico II.
Il mio bambino è nato morto, pesava 460 grammi: il più brutto giorno della mia vita.
Il feto (loro lo chiamano così) e la cartella clinica sono stati sequestrati dai 7 agenti che hanno fatto irruzione nel reparto. Mentre uscivo dalla sala operatoria, ancora intontita dall’anestesia, mi hanno fatto un mucchio di domande, e se, per abortire, avevo pagato.
Mi dicono che c’è stata una denuncia anonima e che gli agenti non avevano neppure un mandato di perquisizione.” Fine del racconto.
Ma perchè Tonino sì e il compagno Boselli no?
mercoledì 13 febbraio 2008
Sesso scottante condannato da don Nicolò, responsabile pastorale giovanile
Ma i preti qualche volta potrebbero fare obiezione di coscienza di parola?
martedì 12 febbraio 2008
destra o sinistra?
A sentire Tony Blair, che portò alla ribalta la sinistra democratica inglese dopo il periodo di rinnovamento recentemente ricordato su questo blog, è una distinzione che non ha più motivo d’essere. Ogni scelta sarebbe subordinata ad una principale: globalizzazione sì, globalizzazione no.
Una tendenza, quella della globalizzazione, non più circoscritta alla sola sfera economica, tant’è che questioni prevalentemente etiche vengono sempre con maggior frequenza sottoposte all’approvazione di organismi internazionali quali l’ONU. E perfino il male più oscuro della società, la guerra, appare legittimato qualora il consenso sia condiviso e unanime.
Insomma la sovranità nazionale non rileva più; al momento l’unica potenza capace di imporre ed imporsi una volontà, che non sia il solo desiderio dell’emergere economicamente, sembra essere quella americana.
Un’indipendenza di giudizio che porta nella campagna elettorale d’oltreoceano elementi di novità. Mentre prevale l’attenzione verso le caratteristiche soggettive - etniche o di genere - dei candidati alle primarie democratiche Obama e Rodham Clinton, non può sfuggire lo strappo con il passato portato avanti dal repubblicano Huckabee che, tra un sermone e l’altro, affronta il tema della globalizzazione selvaggia e degli effetti spinosi sulla classe media americana ponendosi apertamente contro un mercato regolato solo da se stesso. Non un mercato libero, quindi, ma un mercato giusto.
E noi per cosa dovremmo votare? Perché questi temi non sono affrontati? La campagna elettorale è appena iniziata ma già traspare, ancora una volta, che saranno esasperati solo gli schieramenti ed i singoli aderenti, senza toccare i diversi problemi e le visioni per superarli.
un difficile necrologio.
lunedì 11 febbraio 2008
Casini, Ti devi decidere!
Una produzione della segreteria della sezione on line "Mara Carfagna" del Popolo della Libertà.
indipendenti
Se poi c'è qualche lettore di qualsivoglia tendenza, anche anti o apolitico, che vuol dire la sua, ben venga. Basta che mi invii una email.
Grazie a tutti.
Rosa, rosae.
"Se dall'altezza a cui poggiano le robuste penne dell'Aquila taluno si facesse a rimirare la valle dell'Umbria, scorgerebbe in mezzo ad essa a grandi linee scolpita una vaga figura di fiore a siffate forme e contorni da somigliare una rosa ..." (G. Bragazzi, Rosa dell'Umbria. Foligno 1864 pag, 206)
La rosa è un fiore affascinante. Quei petali fitti, stretti e avvolti fra loro alla base, che si schiudono e si lasciano vedere solo un poco, solo nei bordi esterni, nascondendo fra loro chissà quali mondi, attraggono e fanno sognare.
Non so se il Bragazzi (avvocato e scrittore 1808-1884) quando denominò Foligno “la rosa dell’Umbria” abbia pensato anche a questo.
Certamente voleva fare un complimento alla città. Di certo si sa che ad ispirarlo fu principalmente la collocazione geografica di Foligno nel mezzo della Valle Umbra, circondata da graziose cittadine appollaiate sui colli circostanti. Proprio come i petali intorno al bocciolo.
A me però piace pensare alla mia città come ad una rosa nel senso che ricordavo all’inizio. Perché il fascino della rosa somiglia molto al fascino di Foligno.
Una città, la mia, che non è appariscente. La sua bellezza non si esprime con edifici e monumenti maestosi o con la perfezione del borgo medievale conservato o ristrutturato.
La sua bellezza sta nei particolari delle facciate dei palazzi, nel mix di stili e di epoche che quelle facciate esprimono, nelle architetture e nei giardini che si aprono dietro ai portoni austeri ed anche un po’ anonimi, negli affreschi dei palazzi, nelle prospettive che si colgono all’inizio di una via o quando da una via si entra in una piazza, nei vicoli variegati.
Cogliere questo è possibile solo per chi le dedica tempo ed attenzione. Come per scoprire cosa c’è tra i petali di una rosa, quando si schiude fino alla sfioritura. Come per scoprire le persone.
domenica 10 febbraio 2008
CRONISTA PER CASO
YES. I AM HERE
Vado? Non vado? Ma sì, va beh, vado. Anche perché, come si fa a partecipare se non si partecipa? E poi non ho le idee proprio chiare su questa storia delle votazioni, Lo so, colpa mia. Alle assemblee di quartiere non ci sono andata e non conosco i “miei” candidati. Però ho visto l’altra sera Veltroni a Matrix e mi è piaciuto. Intanto perché mi ha spiegato il senso del “ma anche”, che e tutt’altra cosa del “senza se e senza ma”, e che significa che non c’è solo il bianco e il nero, “ma anche” il grigio. E io, in fondo, la parte grigia della vita l’ho sempre vista, anche in tempi non sospetti, tanto è vero che al Pci non mi sono mai iscritta, proprio non mi piaceva questo modo di dividere il mondo in buoni e cattivi, buonissimi e cattivissimi. Invece questo Partito Democratico è davvero un’altra cosa: aperto alle idee. Certo, c’è la Rosy Bindi, “ma anche” la Binetti che quella lì proprio non mi convince e non capisco perché già che c’era non poteva aderire alla Rosa per l’Italia. Ma Veltroni è bravo, mica come Prodi che a furia di compromessi si è fatto fregare. Sicuro che se la Binetti gli dice, riformiamo la 194, lui gliele canta come si deve, anche con il “ma anche”. Eh sì, perché il Veltroni sembra un cagnone innocuo con quelle sue guanciotte cascanti e l’aria tanto buonista, ma se lo fanno incazzare secondo me diventa peggio di un doberman. Però non capisco perché la Binetti sì dentro il partito e Pannella no che sarà pure un rompicoglioni ma è sempre più affine alla sinistra soprattutto su certe battaglie. Mah.
E allora sì, ci vado alla Marittima, così anche voto, che magari nella mia circoscrizione c’è qualcuno che conosco. “Ma anche” mi chiarisco le idee. Perché è sicuro: non si può che votare Pd, “ma anche” con un minimo di consapevolezza. Non come un gregge di pecoroni, come quelli lì della destra che il Berlusca gli fa due promesse da marinaio e loro tutti dietro. Trascino con me una vecchia amica, un’ex sindacalista della Cgil che però ora a sentirla certi del partito la definirebbero di destra perché parla di meritocrazia, di assunzioni nel pubblico fatte attraverso concorsi rigorosi, che non se ne può più di non poter licenziare i fannulloni, etc, etc. Lei non ci vorrebbe venire ma le prometto che restiamo solo mezz’ora, giusto un’occhiata, però già sulla strada incontriamo decine di persone che si aggirano intorno a piazza Unità, chi al bar, chi intento alle ultime commissioni e aspettano solo l’inizio della convention. E via a parlare, a salutarsi, “ma anche” a discutere di politica. Perché Illy si è dimesso, e sarà un bene o un male? Perché le elezioni locali sono accorpate a quelle nazionali, e sarà un bene o un male?
Arriviamo che la Marittima è già piena. Attorno al tavolo Svech, Degano, Rosato, perfino Cuperlo, che è sempre tanto bello, “ma anche” sempre tanto giovane, anche se ormai di anni ne deve avere anche lui sul groppone. Pubblico tra i 50 e i 60. E i giovani dove sono? Proviamo a fare una rapida conta, ce ne saranno una decina, sparuti, quasi tutti in piedi, Ve beh, ma che significa, sappiamo tutti che le nuove generazioni odiano questo tipo di manifestazioni, l’importante è veicolare il messaggio con parole che li colpiscano, che arrivino al loro cuore. E infatti il primo intervento inizia in sloveno, che è pure giusto perché insomma la minoranza ne ha passate di cotte e crude e le discriminazioni e tutto il resto però, magari, si poteva fare una scaletta diversa, che una signora vicina a me si gira e mi chiede se posso tradurre e io le dico di non preoccuparsi che dopo parla anche in italiano e in fondo alla sala c’è pure un interprete che traduce nella lingua dei segni così anche i non udenti possono capire.
Però mi rendo conto che è nel parterre che si discute davvero. Fuori dalla sala è tutto un movimento, anche perché ci sono i banchetti per votare e capannelli e tante persone importanti e conosciute vanno e vengono dalla sala. E allora ci spostiamo, così magari ne approfitto per votare, che io l’ho già fatto alle primarie e il mio voto l’ho dato a Veltroni anche se poi, detto fra noi, mi sono anche un po’ pentita perché dopo aver sentito in tv la Rosy mi è sembrata la più laica di tutti nonostante sia cattolica.
Comunque lì conosco un ex Fiom, “ma anche” ex Cgil che nel frattempo ha aperto una attività privata e allora lì si è reso conto che fra il piccolo imprenditore e l’operaio non c’è tanta differenza perché sono entrambi tartassati dallo Stato, che il problema in Italia è che un sacco di gente non ha voglia di lavorare. Roba che se lo sentono i sindacalisti che se la sono presa col governatore perché ha detto che non si bloccano le autostrade per il rinnovo di un contratto di lavoro se lo mangiano vivo. Intanto guadagno faticosamente il mio turno per votare che la mia amica è stufa e si vede, ma non capisco perché tutti si ammassano che sono appena le sette e l’assemblea va avanti fino alle nove. Davanti a me c’è uno che quando eravamo piccoli era di Lotta Continua, e magari non ci siamo mai trovati politicamente ma si sa che dopo una certa età ci si vuole bene comunque, per nostalgia. Sto quasi per votarlo ma per fortuna ho sbagliato banchetto perché mi chiede visto che non ha spicci di pagare per lui i due euro di obolo. Ma come, penso, non solo ti voto ma devo sborsare pure i soldi per me e per te? Vabbe’, raggiungo con fatica il tavolo giusto, e c’è una fila mostruosa perché due ragazzi giovanissimi vorrebbero votare ma non si capisce perché non possono, forse sono studenti fuori sede. La folla preme, il problema si risolve (non so bene come) e finalmente riesco ad avere la scheda. Donne tutte elencate da una parte, uomini tutti dall’altra. E gli omosessuali? Però non riconosco nessuno, tranne un politico della prima Repubblica che lo stesso mi piaceva e chi se ne frega se c’è stata Tangentopoli che oggi c’è molto di peggio, così mi conforto e posso segnare qualcuno che conosco. Sulle donne vado a caso secondo indice anagrafico le più giovani “ma anche” forse sbaglio.
Ecco, ho fatto il mio dovere. Ora ho in mano un vero attestato in cartoncino spesso, tutto scritto in bianco, rosso e verde (ma un tempo, non erano i colori dell’Msi?, mi fa notare con perfidia l’amica) con lo slogan “IO CI SONO”. Insomma, sono una fondatrice del Pd per un’Italia nuova e se vi pare poco. Parlatemi con rispetto, sono certificata. YES, I AM HERE.