domenica 10 agosto 2008

Sulla fenomenologia della PORTA

Caro diario, questa è anche una risposta a Mario che mi-ci chiedeva perché noi donne abbiamo il desiderio di mettere al mondo figli.


E’ chiaro a tutti che le porte servono. Per mettere in comunicazione due spazi. Per essere chiuse o aperte. Per far entrare o far uscire. Per isolare. Per escludere o includere.
Le porte a battente violano, ingombrano, rappresentano una ferita dello spazio, ti possono essere sbattute in faccia.
Le porte scorrevoli invece sono discrete, non invasive, assolvono alla funzione scivolando sulle guide e neppure un colpo di vento può sbatterle fragorosamente.

Quando ho deciso di avere dei figli, ho voluto essere una porta scorrevole.

Non so se ci sono riuscita, ma per natura sentivo il bisogno di attivare comunicazione.
Non di vivere la vita degli altri, non di nutrire o accudire con spirito di sacrificio, non di far vivere secondo le regole, ma di consentire la vita. Non credo di aver insegnato molte cose.
Me li sono sempre portati dietro dappertutto, fino al raggiungimento dell’autonomia, senza pretendere che condividessero le mie scelte.
Si divertivano e io non facevo rinunce.
Forse condividevano il bisogno di spazio, il bisogno di liberarsi dai bisogni.

E adesso quello che non ho fatto per loro, lo faccio per quella neonata mai cresciuta di mia madre, dedita al nutrimento e alle opere pie, piena di paura di morire, perché non ha mai potuto vivere.

Adesso però basta con la mamma! Prometto solennemente che scriverò cose ben più interessanti: sui preti e sul PD in Regione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ti ho risposto sopra. Togliamo il limone dalle tastiere degli amici anziani di questo blog?