Tema: "La polenta"
secondo l'interpretazione dello scolaro Luigi Polentarutti, di classe III unica
(da Scuola modello, 1947- tratto da "All'ombra del Tinisa", n. unico 1955)
"A me mi garba molto la polenta. Io la polenta la mangio di bonora, di mezzogiorno e di cena e anche alle quattro. La polenta se la fa con la farina de panoghie e con l'acqua e si mette anche il sale senò dicono che fa venire la pelagra.Per fare la polenta si mette l'acqua nella calderia, poi si fa bollire sopra il fuoco e quando si vede le bolle si mette dirento una presa di farina e dopo tutto il s'çiatulino. Poi si prende il mesculo e si la rompe e si la lascia sçialdare. Poi si mesceda...si mesceda cencia stufarsi fin quando la spussa di cotto. Poi la si giàva e la si buta sul taiere che la fuma.Ai signori, a loro piace la polenta tenera perchè la mangiano con i luierini, ma a casa mia, la quale siamo poveri, la mangiamo dura senò lo stomaco si delibera subito.La polenta più dura è quella dei boscadori, che la taiano con la manaria. Anche i pastori mangiano molta polenta nelle casere e prima di buttarla in bocca la stricciano e la folpeano fra le aine perchè diventi più mulisitta. Io amo la polenta e mangio anche le croste. La polenta, se cade a terra, fa sbrisciare. Mia nonna l'altro ano ha pesçiato un poco di polenta e è colata e ha s'çiarnato un piede che abbiamo squegnuto portarla a Socchieve da quela donna che comedda gli ossi. Evviva la polenta! Anch'io mi chiamo Polentarutti."
4 commenti:
Questi temi sono poesia pura e autentica!
Dove hai trovato il n.unico 1955?
Si può averne una copia?
C'è un sito bellissimo, dove copio
http://www.donneincarnia.it/
E' favoloso
una chicca.
Sito peraltro gestito da una mia carissima amica. Magari chiederò a lei se ha il libro.
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