venerdì 14 settembre 2007

cassazione più dura di grillo


Orpo! La sentenza l'ha scritta la Cassazione mica Grillo. Stavolta il Ceto si straincazza.


Roma, 14 set. (Adnkronos/Ign) - Il linguaggio dei nostri politici è troppo volgare. A dirlo è la Cassazione che attacca anche l’aggressività dei leader di partito nell'esporre le loro ragioni. Lo sfogo è contenuto in una sentenza della Suprema Corte che si è occupata del ricorso del sindaco del comune di Buccino, nel barese, sentitosi diffamato dalle parole utilizzate da un consigliere di opposizione che lo aveva accusato per la “presenza di Tangentopoli buccinese e di clientelismo come conseguenza del voto di scambio”.Al di là del caso specifico (il ricorso del sindaco Nicola P. è stato rigettato per legittimo esercizio di critica politica da parte del consigliere), la Cassazione non si è lasciata sfuggire l'occasione per evidenziare come il linguaggio dei nostri politici abbia subito un’evoluzione negativa. Scrive, infatti, il relatore Gennaro Marasca che "il linguaggio di molti politici di livello nazionale, ed in alcuni casi addirittura dei leader, si è talmente involgarito ed è divenuto così aggresivo, che non deve meravigliare se poi rappresentanti politici locali imitino i propri capi".Ed è esattamente quello che è accaduto nel caso in questione dove Gregorio F., consigliere di opposizione presso il comune pugliese, in un’intervista a un giornale locale rilasciata per spiegare le ragioni per le quali aveva denunciato il sindaco della città "per vari reati attinenti al funzionamento della pubblica amministrazione", lamentandosi della lentezza della giustizia visto che la richiesta di rinvio a giudizio per delitti di falso in atto pubblico era arrivata solo a distanza di alcuni anni dalla sua denuncia. In proposito, la Suprema Corte ha osservato che se la "lentezza è per così dire normale per gli addetti di settore", legittimamente "stupisce un normale cittadino perché appare del tutto ragionevole ritenere che i procedimenti a carico di pubblici amministratori si svolgano celermente nell'interesse dei cittadini-elettori che hanno il diritto di sapere in breve tempo se il loro sindaco sia persona che commetta reati o se l'uomo politico denunciante sia una calunniatore". La Cassazione analizza quindi le espressioni incriminate e ritenute diffamatorie, come 'tangentopoli' e 'clientelismo'. Assolte entrambe visto che la prima è ormai "entrata nel linguaggio comune ed anche giornalistico" per "indicare un modo di amministrare disinvolto e non rispettoso delle regole legali". Disco verde anche per il cosiddetto 'clientelismo, espressione, annota la Suprema Corte, "per nulla originale perché del clientelismo sarebbe permeata tutta la politica nazionale, specialmente quella meridionale, se si vuole prestare fede ai nostri politici che si accusano l'un l'altro di favorire, sia a livello locale che nazionale, i propri elettori e le proprie clientele".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

la Cassazione molto attenta e ligia per prima cosa giudica il linguaggio la grammatica l'ortografia l'etimlogia della parola la punteggiatura la correttezza espressiva la coerenza tra titolo e svolgimento e poi si occupa del caso in se,ebbè cosa cè da protestare.Hai visto cosa succede a chi si lamenta della lentezza della giustizia?la giustizia subito si occupa di lui.catone

Anonimo ha detto...

La corte condanna il costume, ma si adegua alla modernità.

Delicata la rampogna della suprema autorità di giustizia che, flebilmente ma consapevolmente, sostiene anche la "lentezza" come male endemico del sistema.

Non riesco a liberarmi da un senso di fastidio per il paternalismo illuminato di queste affermazioni.

Sembra che questi signori vivano in un empireo lontano dalla vita reale, appena scalfiti da parole- espressioni gergali- consuetudini recenti .

Ricordo la sentenza per lo stupro di una donna che portava jeans attillati…colei non subì violenza -sentenziarono- perché i calzoni avrebbe potuto toglierseli da sola…quindi era consenziente.

L'episodio rivela la lontananza, per età ed esperienza, dal mondo, da tutto il mondo, anche quello della comune volgarità… forse non sanno staccarsi dal loro Vocabolario della Crusca…in casi come questi consiglierei solo il Tibet…oppure fare il blogger…

tanto i politici e i loro tirapiedi -questi rivoluzionisti che credono di aver inventato, con la volgarità e senza umorismo, una nuova forma di comunicazione- se ne fregano di qualsiasi paterno consiglio, familiare o istituzionale che sia.

A sostegno dell'iniziativa di B.G.,trovo che la risata, quella alla Majakovski che seppellirà il mondo, può innescare più consapevolezza. Fine

Maria